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Nel mio ruolo di Head Hunter specializzato nella selezione di figure legal, intervisto una media di 30 candidati a settimana. Che sia una telefonata di aggiornamento o un colloquio conoscitivo, c’è un argomento che viene quasi sempre a galla: il passaggio in-house.
In questo articolo cerco di approfondire il fenomeno, indagare cosa spinga la maggior parte degli avvocati a voler andare in azienda e illustrare le difficoltà che si incontrano nel tentativo di affrontare questo cambio di rotta. Questo articolo vuole inoltre essere una sorta di prontuario, con qualche consiglio utile su come e quando muoversi per avere più possibilità di riuscire nell’intento (o nell’impresa!).
Riguardo al primo aspetto, il fatto che molto spesso chi lavora negli studi legali ad un certo punto della propria carriera professionale senta il bisogno di spostarsi in azienda, è riconducibile in linea di massima ad una duplice esigenza:
Queste aspettative o necessità rimangono tuttavia spesso disattese o frustrate, portando la maggior parte dei candidati ad interrogarsi sul perché nonostante le competenze ed il CV aderente alle richieste elencate nella Job Description, non riescano ad accedere con facilità al mondo dell’in-house.
Partiamo da un dato di fatto. Per un avvocato, e ci riferiamo anche a chi non ha ancora conseguito il titolo ma lavora comunque come praticante in uno studio, entrare a lavorare in azienda è complicato, principalmente per due motivi:
Essendo uno strumento ultimamente molto utilizzato, è evidente come quei professionisti che hanno l’occasione di rientrare in questo meccanismo siano decisamente avvantaggiati nella corsa alla conquista del posto.
Quelli che abbiamo appena esposto rappresentano degli ostacoli, non degli impedimenti. Se si hanno le carte in regola e la giusta determinazione è certamente possibile essere inclusi in iter selettivi come legale in azienda e magari riuscire anche a venirne a capo.
A volte manca una piena consapevolezza di cosa significhi, realmente, cambiare prospettiva. Da un punto di vista delle attività che si svolgono in azienda, ad esempio: in un mercato legale ormai fortemente caratterizzato dalle specializzazioni, a meno che non si considerino le stesse grandi realtà a cui ho fatto riferimento prima e dove è possibile mantenere la propria expertise e replicare in un certo senso alcune dinamiche tipiche degli studi legali multidisciplinari, lavorare in-house comporta il più delle volte il ritorno ad un approccio generalista.
Il giurista d’impresa deve conoscere e saper gestire tematiche legali di qualsivoglia natura, partendo dalla contrattualistica, passando per la segreteria societaria e il precontenzioso, per arrivare alla compliance e alle operazioni straordinarie; e perché no, non guasta avere anche una infarinatura di diritto del lavoro e di proprietà intellettuale, nel caso.
I candidati, dal canto loro, tendono in un primo momento a sottovalutare questo aspetto, salvo poi ragionarci e arrivare a concludere di non essere realmente disposti o interessati a questo tipo di “retrocessione”, in termini di rinuncia alla specializzazione.
Un secondo esempio riguarda il tema retributivo e/o logistico. L’idea di lasciare i ritmi stressanti e i “non-orari” tipici degli studi legali d’affari sembra poter prevalere su tutto: sull’interesse o meno circa il mercato di riferimento in cui opera l’azienda, sulla distanza eventualmente da percorre ogni giorno.
Quando ci si rende però conto che spesso le aziende sono collocate in posizioni più scomode rispetto allo studio legale in cui ci si reca agilmente in bici, o quando ci si rende conto che andare in-house comporta il più delle volte dover scendere a compromessi da un punto di vista economico (perché si lavora tendenzialmente meno, ma si guadagna anche meno e la crescita è più lenta), molto spesso l’entusiasmo iniziale viene meno.
Il passaggio in azienda è visto quasi come una chimera, con la tendenza ad esaltarne solo gli aspetti positivi, senza considerare il pacchetto nella sua interezza. In realtà si tratta di un processo che merita una riflessione più profonda, anche alla luce degli aspetti che abbiamo visto sopra.
Tra i professionisti dell’ambito legal il passaggio in-house rappresenta uno degli argomenti più discussi. In questo articolo analizziamo cosa spinga gli avvocati a voler andare in azienda e le difficoltà da affrontare in questo cambio di rotta.