Cerca tra le migliori opportunità
Ti mettiamo in contatto con i migliori talenti!
In PageGroup ci impegniamo a migliorare la vita delle persone.
Troviamo talenti per i nostri clienti ed il lavoro migliore per i manager italiani.
Miglioriamo la vita delle persone.
Il passaggio in-house rappresenta uno dei temi più caldi nella ricerca di lavoro nel settore Legal.
Abbiamo analizzato questo fenomeno nel dettaglio nell’articolo Il passaggio in-house: realtà o chimera?.
In questo articolo abbiamo raccolto i consigli di Pier Francesco Mercanti, Associate Executive Manager della nostra divisione Legal, con l’obiettivo di aiutare i candidati e rendere più efficace possibile la loro ricerca di una posizione in-house.
Vediamo quali sono le domande più frequenti che i candidati si pongono quando iniziano a valutare un passaggio in-house.
Non esiste un momento ideale, la decisione è frutto di un processo di maturazione che avviene in tempi diversi da un candidato all’altro. Di certo, qualche anno di esperienza in studio (almeno 3 o 4 anni) può essere utile ai fini della formazione di un buon professionista in-house. In studio si impara a lavorare sotto stress e scadenze, ad affrontare questioni più o meno complesse, a gestire i rapporti con interlocutori eterogenei.
Inoltre, più si riesce a posticipare il momento del passaggio, più si avranno le carte in regola per concorrere a posizioni con responsabilità maggiore e quindi meglio retribuite.
È ideale avere un solido background in materia di diritto societario e commerciale, in tutte le sue declinazioni. Per chi si occupa esclusivamente di contenzioso, il passaggio è più difficile, dal momento che le aziende sono spesso costrette ad esternalizzarlo.
Le specializzazioni (ad esempio in diritto del lavoro, in diritto amministrativo, in IP), come dicevo in precedenza, possono rappresentare una carta vincente nel caso di grosse società con uffici legali complessi. Relativamente invece alla maggioranza delle realtà aziendali, è preferibile avere una competenza corporate a 360°.
Il discorso è diverso se con specializzazione si intende l’aver maturato specifiche competenze in un particolare settore di mercato, come potrebbe essere ad esempio l’Energy: in questo caso ovviamente tale expertise rappresenta un importante valore aggiunto per tutte quelle realtà appartenenti a quel mercato di riferimento.
Questa è un’ipotesi tutt’altro che remota, perché a volte capita che le aspettative che si avevano vengano disattese. Chi è abituato a fare in studio legale un lavoro di un certo tipo (faccio l’esempio di chi si occupa di M&A ma ne potrei fare altri) in contesti strutturati e a vocazione internazionale, in azienda potrebbe sentirsi poco stimolato a fronte di una nuova attività più eterogenea e magari più standard.
In questo senso occorre saper selezionare al meglio gli annunci a cui ci si candida, ed essere bravi nel capire se quella determinata opportunità faccia effettivamente al caso proprio.
La scelta di andare in-house non è irreversibile, ma di certo da un indirizzo forte alla carriera e soprattutto può dare adito ad interpretazioni e conclusioni che potrebbero non agevolare il rientro in uno studio.
In questo articolo abbiamo cercato di raccogliere tutti i consigli e i principali ostacoli per i candidati che vorrebbero fare un passaggio in-house. Sul web e sui portali dedicati capita frequentemente di intercettare offerte di lavoro in-house. Se siete realmente convinti di intraprendere questa nuova prospettiva di carriera, provate a candidarvi, ma non a tutte: molte di queste non saranno adatte a voi per un motivo o per l’altro, ma siete voi in primis a saperlo.
Tra i professionisti dell’ambito legal il passaggio in-house rappresenta uno degli argomenti più discussi. In questo articolo abbiamo raccolto tutti i consigli per affrontare al meglio questo cambio di rotta.